Il Niger, che prende il nome dall’omonimo fiume che lo attraversa nella parte meridionale per circa 560 chilometri, è un Paese del Sahel[1]. I confini, lineari e senza riferimenti a particolari elementi fisici, sono quelli disegnati dalle potenze europee nel corso della Conferenza di Berlino 1884-1885 e confermati dall’Organizzazione dell’Unione Africana all’indomani della decolonizzazione. Questo Paese, che si estende su una superficie di 1.267.000 kmq, quattro volte quella dell’Italia (circa 300.000 kmq), confinante a Nord con l’Algeria e la Libia; ad Est con il Ciad; a Sud con la Nigeria ed il Benin; a Sud Ovest con il Burkina Faso; ad Ovest con il Mali, è costituito da un vasto altopiano comprendente nella sua parte settentrionale e centrale il massiccio dell’Aïr, ultima propaggine dell’Ahaggar algerino, con rilievi montuosi che arrivano fino a 2.000 metri. Procedendo verso sud l’altitudine dell’altopiano va progressivamente riducendosi fino alle depressioni della valle fluviale del Niger e del Lago Ciad. Il clima è desertico con abbondanti precipitazioni nel periodo giugno-settembre che diminuiscono progressivamente da sud verso nord.

La capitale della Repubblica del Niger, ex colonia francese indipendente dal 1960, è Niamey; la popolazione «frutto dell’incontro fra genti nere e bianche, tra nomadi e sedentari, tra pastori e coltivatori»[2] è costituita da diverse etnie[3] per la maggior parte di religione musulmana sunnita. Gli abitanti sono 20.715.000[4], la lingua ufficiale è il francese; Mahamadou Issoufou di etnia Hausa, già ingegnere minerario della SOMAIR, è l’attuale Presidente. Anticamente luogo di transito per i traffici commerciali tra l’Africa del Nord e quella sub-sahariana, oggi il Niger è al centro dell’attenzione politica internazionale, soprattutto europea, in quanto importante snodo per i flussi migratori che dal nord della Nigeria vogliono raggiungere il “vecchio continente”, l’Italia in particolare, passando per la Libia. Purtroppo le frontiere del Niger, difficili da controllare, sono attraversate anche da gruppi terroristici di varia estrazione, bande criminali e trafficanti di esseri umani. A questo problema se ne aggiungono altri ancora più gravi che affliggono indistintamente tutte le popolazioni del Sahel, tra le più povere del mondo, senza distinzione di etnia e religione: il progressivo processo di desertificazione che sta costringendo i pastori e gli allevatori ad una continua ricerca di nuovi pascoli; l’alta mortalità infantile; la mancanza di adeguate infrastrutture sanitarie; la ridotta speranza di vita; la malnutrizione e l’analfabetismo.

In questo articolo voglio porre brevemente l’attenzione su un tema noto a pochi addetti ai lavori ma ignorato dalla gran parte dell’opinione pubblica ossia i riflessi sanitari sociali ed economici legati all’estrazione dell’uranio di cui il sottosuolo è ricco (il Niger è tra i primi sei produttori al mondo) unitamente a carbone, petrolio, ferro, oro e fosfati. Un tesoro immenso che però non è di alcun beneficio al popolo nigerino (a parte una ristrettissima élite) posizionato costantemente al penultimo o ultimo posto nell’Indice di Sviluppo Umano (ISU) pubblicato annualmente dalle Nazioni Unite[5]. Lo sfruttamento dell’uranio risale agli anni Cinquanta quando vicino alla città di Arlit nel nord del Paese vicino al confine con l’Algeria fu rinvenuto questo minerale. I primi che iniziarono a sfruttare su larga scala questa importante risorsa naturale, la principale per il Niger, fu la Francia attraverso la Société des Mines de l’Aïr (SOMAIR) e la Compagnie Minière d’Akouta (COMINAK). Nella SOMAIR all’inizio degli anni Settanta anche l’AGIP NUCLEARE ebbe una partecipazione azionaria[6] poi ceduta a seguito dell’abbandono del nucleare come fonte di energia elettrica da parte dell’Italia.

Successivamente, la multinazionale francese AREVA[7] acquisita la maggioranza azionaria della SOMAIR e della COMINAK, «ha gestito di fatto in maniera monopolistica la produzione di uranio del Niger, insieme ad una partecipazione minoritaria del Governo del Niger ONAREM, Office National des Ressources Minieres du Niger, dal 2006 SOPAMIN Société du Patrimoine des Mines du Niger pari circa ad un terzo… L’AREVA (ex Cogema), controllata dal Governo francese, proprietario di una quota di circa il 90%, è un’azienda leader nel campo dell’energia atomica…»[8].  Al fine di allentare il monopolio dell’AREVA, dal 2007 il governo nigerino ha concesso oltre 120 nuove licenze di esplorazione che hanno aperto le porte a società di vari Stati (Cina, Canada, Australia, Corea del Sud, Brasile, India e Spagna) che operano singolarmente o in joint venture[9]. Il ritorno economico per i cittadini del Niger dalla vendita di questo “prezioso” minerale, a giudicare dai dati ISU, è dunque irrisorio anzi la sua estrazione per taluni aspetti ha una incidenza negativa sul bilancio del governo e soprattutto sulle popolazioni locali. Queste ultime infatti sono esposte alle cosiddette esternalità negative ossia «i danni che una certa produzione può comportare in termini socio-economici, danni che non vengono calcolati nella transazione finanziaria. Nel caso dello sfruttamento dell’uranio in Niger, questo ha comportato e continua a comportare gravissimi problemi ambientali ed alla salute dei lavoratori coinvolti nelle attività produttive e delle popolazioni delle aree limitrofe agli impianti di sfruttamento del minerale. L’impatto negativo in termini socio-economici andrebbe incorporato nei contratti con le multinazionali straniere, in quanto si riflette immancabilmente sulle condizioni complessive del paese produttore (costi sanitari, perdita di attività economiche tradizionali a causa dei danni ambientali), soprattutto nelle aree di sfruttamento»[10].

È stato stimato che nel nord del Niger vi è un’area di circa 90.000 kmq, tre volte la superficie del Belgio, interessata allo sfruttamento dell’uranio senza le necessarie precauzioni sanitarie da parte delle società estrattive e del governo nei confronti della popolazione locale e dell’ambiente che risulta fortemente radioattivo con gravissime ricadute sulle falde acquifere utilizzate dalle persone e dalle mandrie degli allevatori della regione.

Greenpeace nel 2010 ha pubblicato un rapporto sul livello di radioattività nelle due importanti città minerarie di Arlit e Akokan nella regione di Agadez, nel nord del Paese. Il rapporto finale che ne è uscito è inquietante. Nella città di Akokan, rispetto ai livelli normali nella regione, la concentrazione di radon[11] nell’aria è tra le 3 e le 7 volte superiore; le frazioni di polveri sottili hanno una concentrazione di radioattività due-tre volte superiore rispetto alla frazione grossolana; la concentrazione di uranio e di materiali radioattivi in un campione di suolo raccolto nelle vicinanze della miniera è circa 100 volte superiore; per le strade i livelli di radioattività sono risultati essere fino a quasi 500 volte superiore al fondo naturale. Per quanto riguarda Arlit, la sua popolazione è esposta permanentemente alla radioattività di 35 milioni di tonnellate di scorie radioattive (contenenti l’85% della radioattività sprigionata dall’uranio) accumulate all’aria aperta. «Questi rifiuti sono trasportati dal vento nell’interno delle case, negli orti e nei pozzi d’acqua…Questo vento, inoltre, facilita la penetrazione della polvere radioattiva in tutto l’habitat… Una delle conseguenze dello sfruttamento dell’uranio e della diffusione nell’aria di questi scarti radioattivi, consiste nella moltiplicazione delle malattie respiratorie ad Arlit. Per esempio il radon, che è uno dei gas liberati dalle miniere, colpisce particolarmente le vie respiratorie»[12].

Parlare di inquinamento radioattivo e scorie radioattive in un Paese poverissimo che non ha centrali nucleari, dove la maggior parte della popolazione, che non ha la luce elettrica in casa, è dedita alla pastorizia ed all’agricoltura di sussistenza (nella parte meridionale) ed il 63%, secondo stime dell’UNICEF, vive sotto la soglia di povertà estrema è sicuramente singolare. Un paradosso che evidenzia l’indifferenza cronica verso popolazioni prive di adeguati strumenti normativi, culturali e comunicativi sia da parte dell’Occidente, presente attraverso le proprie multinazionali, sia delle classi dirigenti locali per anni assorbite da giochi di potere interni e non abbastanza forti da imporre alle multinazionali contratti che tengano nella giusta considerazione la salute dei cittadini secondo quegli stessi standard riconosciuti ed applicati nelle società occidentali.

I problemi generati dalla radioattività vanno a sommarsi agli altri tragici di un Paese in cui, sempre secondo stime dell’UNICEF, oltre due milioni di persone saranno colpite nel corso del 2018 da una o più crisi (insicurezza alimentare; malnutrizione; sfollamento della popolazione; epidemie; disastri naturali; malnutrizione acuta grave; epidemie di morbillo, meningite, epatite E nonché colera). Nonostante ciò, una percentuale importante del PIL (4%) di questo Paese viene destinato all’acquisto di armamenti (l’Italia, a titolo d’esempio, nel 2017 ha speso lo 0,776% del proprio PIL)[13]. Senza scomodare l’etica del buon governo o prendere ad esempio l’azione politica di Thomas Sankara, leader panafricanista che nel corso di un intervento presso l’Organizzazione dell’Unità Africana disse senza perifrasi che «ogni volta che un paese africano compra un’arma è contro un africano. Non contro un europeo, non contro un asiatico. È contro un africano», è evidente una certa carenza governativa a risolvere le difficoltà in cui versano i propri cittadini. Il protrarsi di questa situazione significa alimentare artificiosamente i destabilizzanti flussi migratori sia verso l’Europa sia verso altri Paesi africani, non far decollare l’economia, far crescere il debito estero, incrementare la criminalità comune, il malcontento popolare ed il fenomeno dei bambini soldato. Da una situazione di estrema confusione e debolezza del sistema Niger non possono che trarne cospicui vantaggi gruppi affaristici di dubbia moralità legati tra loro dal solo intento di accrescere le proprie ricchezze superando quelle distinzioni di razza, etnia e nazionalità che in altri contesti vengono presentate artificiosamente come barriere invalicabili. Il superamento del problema radiazioni così come di tutti gli altri problemi non può che passare attraverso un recupero della identità storica e culturale del popolo nigerino in modo da arginare l’aridità spirituale anticamera di quella economica e sociale.

Foto: La miniera di uranio della Somair ad Arlit in Niger – www.africa-express.info

 

Bibliografia sommaria

Stefano Bellucci, Africa contemporanea. Politica, cultura, istituzioni a sud del Sahara, Carocci, Roma, 2010.

Costantino Caldo, Geografia umana, 2a edizione, Palumbo.

Giovanni Carbone, L’Africa. Gli Stati, la politica, i conflitti, Il Mulino, Bologna, 2012.

Centro Militare di Studi Strategici Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, NIGER. Problematiche sociopolitiche, risorse energetiche e attori internazionali, Progetto di ricerca CeMiSS 2010, IsIAO, 2011.

Ivan Ureta, Senza Gheddafi nel Sahel cambia tutto, Limes n. 5/2012 Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma.

 

 

Sitografia

 

http://www.africaneconomicoutlook.org/

https://www.africaportal.org/publications/uranium-mining-in-africa-a-continent-at-the-centre-of-a-global-nuclear-renaissance/

https://afrofocus.com/2013/04/01/sviluppo-umano-niger-e-congo-in-ultima-posizione/

http://ambiente.provincia.bz.it/radiazioni/radon.asp

http://www.areva.com/EN/operations-635/mining-uranium-production-yellowcake-exploration-mining-milling.html

http://www.arpa.veneto.it/temi-ambientali/agenti-fisici/radiazioni-ionizzanti/radon/faq-domande-e-risposte-sul-radon

http://www.aspeninstitute.it/aspenia-online/article/l%E2%80%99uranio-del-niger-opportunit%C3%A0-e-maledizione

http://www.camera.it/leg17/522?tema=autorizzazione_e_proroga_di_missioni_internazionali_per_l_anno_2018_

http://www.criirad.org/actualites/dossiers2005/niger/somniger.html

http://www.criirad.org/actualites/dossiers2005/niger/greenpeace/niger_greenpeace_radonair.pdf

https://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/DocumentiVis/OS_Pubb_File_Singoli_per_Area/Sahel_e_Africa_SubSahariana/2016/03_Massoni_IS_OS_06_2016_It_Finale.pdf

https://freedomhouse.org/report/freedom-world/freedom-world-2018

http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2010/5/niger-areva.pdf

https://www.greenpeace.org/archive-international/Global/international/publications/nuclear/2010/AREVA_Niger_report.pdf

https://www.helvetas.ch/it/attivita/paesi_di_progetto/niger.cfm

https://www.indexmundi.com/it/niger/spesa_militari_percento_del_pil.html

http://www.infomine.com/library/publications/docs/Mining.com/Sep2008f.pdf

https://it.actualitix.com/paese/ner/niger-spesa-sanitaria.php

http://www.lastampa.it/2018/02/09/scienza/ambiente/focus/nel-spese-militari-italiane-in-aumento-8CVAvvJj0dWrkziClYMoCJ/pagina.html

http://missioniafricane.rossiwebdesign.it/articoli/480__Il_Niger_riparte_dalla_propria_tradizione_culturale/

http://nettuno.ogs.trieste.it/jungo/prevenzione/radon/2005_radon_Iungwirth.PDF

http://www.nigrizia.it/notizia/niger-dune-duranio

https://www.oecd-nea.org/ndd/pubs/2016/7301-uranium-2016.pdf

http://placesfromabove.altervista.org/le-suggestive-miniere-di-arlit/

http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_opuscoliposter_160_allegato.pdf

http://www.theecologist.org/News/news_analysis/2987617/uranium_mining_threatens_south_africas_iconic_karoo.html

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https://www.unicef.org/appeals/niger.html

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http://www.world-nuclear.org/information-library/current-and-future-generation/nuclear-power-in-the-world-today.aspx

http://www.world-nuclear.org/information-library/country-profiles/countries-g-n/niger.aspx

Note

[1] La fascia di territorio a sud del Sahara che va dal Golfo di Guinea al Mar Rosso dividendo l’area sahariana propriamente detta da quella equatoriale.

[2] http://missioniafricane.rossiwebdesign.it/articoli/480__Il_Niger_riparte_dalla_propria_tradizione_culturale/

[3] Le principali sono: Hausa (gruppo predominante), Tuareg (maggiore gruppo etnico nomade), Peul o Fulbé o Fulani, Tubu, Arabi, Djerma-Songhai, Gourma o Gourmantchè, Teda, Kanuri, Bororo e Arabi.

[4] http://www.africaneconomicoutlook.org/en/statistics

[5] Nel 2017 è stato collocato saldamente al 187° posto su 188 Paesi), una posizione che contrasta nettamente con le sue immense potenzialità economiche.

[6] https://senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/317985.pdf

[7] Dal 23 gennaio 2018 denominata ORANO.

[8] Roberto Cajati, L’uranio e l’economia del Niger, in NIGER. Problematiche sociopolitiche, risorse energetiche e attori internazionali, Progetto di ricerca CeMiSS 2010, IsIAO, 2011, pp. 125-126.

[9] Alcune di queste sono: le canadesi Comeco Corp., Govi High Power Exploration Inc., la Home land Uranium Inc. e la North Atlantic Resources Ltd; la cinese China Nuclear International Uranium Corp.; l’australiana Oklo Uranium Ltd.

[10] Roberto Cajati, L’uranio e l’economia del Niger, in NIGER. Problematiche sociopolitiche, risorse energetiche e attori internazionali, Progetto di ricerca CeMiSS 2010, IsIAO, 2011, pp. 128-129.

[11] «Il radon è un gas radioattivo (tempo di dimezzamento di 3,8 giorni) di origine naturale che si forma nel terreno per il decadimento radioattivo dell’uranio presente nelle rocce. L’isotopo radon (Rn-222) è uno dei prodotti radioattivi della serie di decadimento dell’uranio-238 e la sua caratteristica è di essere l’unico elemento in forma gassosa di questa serie. Il radon può dunque, a differenza degli altri elementi solidi, essere sprigionato dalle rocce, diffondere nel terreno ed
essere quindi inalato negli ambienti di vita. Negli ambienti chiusi, soprattutto in locali a contatto con il terreno, il radon può concentrarsi raggiungendo concentrazioni anche molto elevate in caso di ridotto ricambio d’aria. Il radon penetra nelle case attraverso crepe, fessure o punti aperti delle fondamenta. Le abitazioni nei seminterrati o al pianterreno sono
particolarmente interessate dal fenomeno. Il potere d’emanazione non dipende solo dal contenuto di uranio, ma anche
dalle caratteristiche del terreno. Chimicamente il radon è un gas nobile, incolore, inodore, insapore. Esso è solo moderatamente solubile nell’acqua. Perciò il radon fuoriesce facilmente dall’acqua semplicemente agitandola vigorosamente. Anche nel caso di una sorgente dove l’acqua scaturisce dalla roccia, la maggiore parte del radon si volatilizza velocemente. Il radon è presente in tracce nel sottosuolo quasi ovunque. La sua concentrazione nel terreno varia da qualche centinaio a più di un milione di Bq/m³. Le rocce che hanno un maggiore contenuto d’uranio/radio (tufi, granito e porfido) possono emanare maggiori quantità di radon. Nel caso di rocce permeabili o fratturate il radon può essere trasportato da correnti d’aria o dall’acqua sorgiva o piovana infiltrata. Più il sottosuolo è permeabile (detriti), più è facile che il radon riesca ad arrivare fino in superficie. Se i suddetti tipi di rocce sono usati come materiali da costruzione, possono egualmente emettere radon. Si dovrebbe quindi evitare di impiegarli all’interno degli edifici. Se i suddetti tipi di rocce sono usati come materiali da costruzione, possono egualmente emettere radon. Si dovrebbe quindi evitare di impiegarli all’interno degli edifici. Il radon ed in particolare i suoi figli (prodotti di decadimento) sono importanti dal punto di vista della tutela della salute in quanto decadendo emettono particelle alfa e beta, che sono radiazioni ionizzanti. Soprattutto le particelle alfa sono caratterizzate da un’elevata energia ed efficacia biologica. Inalati, il radon e soprattutto i suoi figli che si depositano sul tessuto polmonare come elementi solidi, causano un irraggiamento delle cellule epiteliali, in particolare nella regione bronchiale e possono provocare il cancro polmonare.
A causa della sua ubiquità il radon è la fonte dominante dell’esposizione umana alle radiazioni ionizzanti.
Il radon rappresenta la seconda causa di tumore al polmone dopo al fumo di tabacco ed è responsabile del  3%-14% dei casi di tumore ai polmoni (WHO). Si calcola che ogni 100 Bq/m³ il rischio di tumore ai polmoni aumenti del 10%». Tratto da http://ambiente.provincia.bz.it/radiazioni/radon.asp 

[12] Hassane Boukar, Le gravi conseguenze socio-sanitarie dell’estrazione dell’uranio nell’Aïr, Problematiche sociopolitiche, risorse energetiche e attori internazionali, Progetto di ricerca CeMiSS 2010, IsIAO, 2011, p.185.

[13] Giovanni Martinelli, Il Bilancio della Difesa, Analisi Difesa, Anno 18, n. 184, in http://www.analisidifesa.it/wp-content/uploads/2017/02/bildif17.pdf